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[…] Ed anche se afflitti, lasciamo dormire nel cuore i dolori. Omero, Iliade

Aggiornamento: 2 feb 2022


Di Giuseppe Storti

In questo passaggio d’epoca(drammatico) che stiamo vivendo, impegno un po’ del mio tempo rileggendo i classici. Quelli che più mi hanno appassionato nel tempo che fu del Liceo classico (Giuseppe Calasanzio-Padri Scolopi). Nel Poema di Ilio(L’Iliade) di Omero, c’è questa bellissima frase pronunciata da Achille, l’invincibile(tranne che nel tallone) guerriero greco. La frase è uno spezzone del disperato tentativo fatto dal Re di Troia Priamo, di chiedere ad Achille la restituzione del corpo del figlio Ettore, ucciso in uno degli epici duelli narrati da Omero. Un tentativo che riesce. Anzi, Achille si commuove di fronte alle lacrime del vecchio sovrano di Troia. I valori trasfusi nei poemi di Omero sono essenzialmente due: la Pietas e l’Humanitas, due valori fondanti della civiltà greca che vennero trasferiti automaticamente nella cultura di Roma e nel diritto romano. Valori che costituiscono i fondamentali pilastri della civile convivenza tra i popoli.


Di seguito il brano completo, ed emozionate del colloquio tra Priamo ed Achille.

L’incontro tra Priamo ed Achille

Il grande Priamo entrò non visto, ed avvicinatosi abbracciò le ginocchia di Achille, baciò le sue mani tremende, omicide, che a lui tanti figli avevano ucciso. Come quando grave follia colpisce un uomo, che al suo paese uccide qualcuno ed emigra in terra straniera, in casa d’un ricco, e chi lo vede prova stupore, così Achille ebbe un sussulto, quando vide Priamo simile a un dio; anche gli altri stupirono, si guardarono tra loro. Priamo, in atto di supplice, gli rivolse questo discorso: «Ricordati del padre tuo, Achille pari agli dei, come me avanti negli anni, sulla soglia triste della vecchiaia: forse anche a lui danno guai i popoli intorno accerchiandolo, e non c’è nessuno a stornare da lui la rovina. Eppure tuo padre, sapendo che tu sei vivo, gioisce nell’animo suo, e spera di giorno in giorno di vedere suo figlio tornare da Troia; infelice davvero sono io, che nella vasta Troia ho generato figli meravigliosi, e non me ne resta nessuno. Ne avevo cinquanta, quando arrivarono i figli degli Achei: diciannove m’erano nati tutti da uno stesso ventre, gli altri me li partorivano donne diverse nella mia casa. […] e quello che per me era unico, che salvava la città e la gente, tu proprio adesso l’hai ucciso, mentre combatteva per la patria, Ettore: ora vengo per lui fino alle navi degli Achei a riscattarlo da te, e porto un compenso ricchissimo. Su, Achille, rispetta gli dei ed abbi pietà di me, nel ricordo di tuo padre: ancora più degno di pietà sono io, ho sopportato quello che al mondo nessun altro mortale, di portare la mano alla bocca dell’uccisore di mio figlio». Disse così, ed in lui stimolò il desiderio di piangere il padre: allora afferrò la sua mano e scansò dolcemente il vecchio. Immersi entrambi nel ricordo, l’uno per Ettore massacratore piangeva a dirotto prostrato ai piedi di Achille, mentre Achille piangeva suo padre, ma a tratti anche Patroclo: il loro lamento echeggiava per la casa. Ma quando il divino Achille fu sazio di pianto, gli svanì quella voglia dal corpo e dal cuore, s’alzò di scatto dal seggio, sollevò per la mano il vecchio, mosso a pietà dalla sua testa bianca, dal suo mento bianco, e, articolando la voce, gli diceva parole che volano: «Infelice, molti affanni davvero hai patito in cuor tuo. Come hai osato recarti da solo alle navi degli Achei, al cospetto dell’uomo che numerosi e gagliardi figli t’ha ucciso? Hai un cuore forte come l’acciaio! Ma su, riposati su questo seggio, ed anche se afflitti, lasciamo comunque dormire nel cuore i dolori; dal lamento che ci raggela non viene un guadagno: gli dei stabilirono questo per gl’infelici mortali, vivere in mezzo agli affanni; loro invece sono sereni.[…]»

Fonte foto: Wikipedia

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