Chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Edmund Burke
UN POLIZIOTTO CASORIANO VITTIMA DELLE FOIBE.
PUTIGNANO AURELIO AGENTE DI PUBBLICA SICUREZZA NATO A CASORIA IL 29/03/1905 ARRESTATO A GORIZIA IL 2/5/1945.
Di Giuseppe Storti
Il 10 febbraio di ogni anno, si celebra in tutt’Italia il Giorno del Ricordo. Ovvero la commemorazione di uno dei periodi più bui della storia contemporanea del nostro Paese. Tra il 1943 ed il 1947- a guerra terminata- ben 15 mila persone furono trucidate in maniera orrenda: gettate vive o morte nelle foibe, cavità carsiche che si trovano nella Venezia Giulia ai confini con l’ex Iugoslavia per volere del Maresciallo Tito all’epoca dittatore comunista slavo, che scatenò i suoi partigiani in una pulizia etnica finalizzata ad annientare la presenza italiana in Istria e Dalmazia, con la palese complicità di partigiani italiani. Per decenni sul terribile eccidio dei nostri connazionali calò un “assordante silenzio” che derubricò per motivi politici la strage a scontri con i fascisti che avevano appoggiato l’occupazione nazista di quelle terre. Ancora una volta il “sangue dei vinti” fu avvolto da una coltre di nebbia dai vincitori della seconda guerra mondiale che scrissero una storia, anzi molte storie in maniera diversa dai fatti reali. Il brutale genocidio dei nostri connazionali ottenne finalmente il riconoscimento ufficiale nel 2004, con la legge n. 94 che istituì “ la Giornata del Ricordo” in onore dei morti delle foibe e dell’esodo forzato di migliaia di nostri connazionali di quelle terre che persero beni e soldi per sfuggire alle persecuzioni dei soldati di Tito. Un anno fa, dopo 70 anni da quei tragici eventi, un film dal titolo emblematico: Rosso Istria, presentato alla 75° Mostra del cinema di Venezia, ha riaperto una ferita mai rinchiusa. Il film, trasmesso poi, in prima serata dalla RAI, narra la tragica storia di una ragazza: Norma Cossetto, giovane studentessa di Visinada, laureanda all’Università di Padova, arrestata, torturata e stuprata dalla soldataglia di Tito, solo perché figlia di un Podestà, nel cuore dell’Istria. Il suo martoriato corpo, fu scaraventato in una foiba, e ritrovato solo il 10 dicembre del 1943. Bene ha fatto il nostro Presidente della Repubblica Mattarella, a sottolineare più volte che nessun negazionismo potrà mai cancellare la verità storica dell’eccidio dei nostri connazionale da parte dei soldati del Maresciallo Tito, e che è un impegno di civiltà conservare la memoria dell’eccidio delle Foibe. Queste memorie, ha concluso il Presidente in una nota, diramata nel giorno del ricordo “hanno guadagnato rispetto, dignità, ascolto. Sono storia vissuta, monito e responsabilità per il futuro.” La stessa
sorte toccò ad un nostro concittadino, di cui ricostruiamo, in quest’articolo la storia, onorandone la memoria. Putignano Aurelio, fu Salvatore e fu Cecilia Fasulo, nato Casoria (Napoli) il 29-3-1905 - Guardia di P.S. Arrestato a Gorizia il 2-5-1945 e tradotto nelle carceri. Dopo qualche giorno deportato per ignota destinazione. È stata dichiarata la morte presunta. Notizie fornite dalla Questura di Gorizia e dal giornale "Il Piccolo" di Trieste dell'1-3-1957. (Fonte: Gianni Bartoli sindaco di Trieste). Altra fonte che descrive l’arresto del poliziotto casoriano è quella di: Storia Illustrata - Antonio Pitamiz. Infine il Ministero degli Esteri Sloveno lo comprende tra gli agenti di Pubblica Sicurezza. Notizie più complete della triste vicenda del nostro concittadino le troviamo sul Sito: www.cadutipolizia.it Eccole: Fu catturato il 2 maggio 1945 a Gorizia dai partigiani jugoslavi, probabilmente all’interno della Caserma di Polizia di Via Santa Chiara, rinchiuso nelle carceri di Gorizia e quindi deportato in Jugoslavia. Il tribunale di Gorizia ne dichiarò la morte presunta come “avvenuta in località ignota del Goriziano alle ore 24 del 31 Maggio 1945”.
Probabilmente morì in prigionia in Jugoslavia o immediatamente fucilato ed il suo corpo gettato in una foiba del Carso, forse alla foiba Delicame Lesnica, nella Selva di Tarnova ( oggi in Slovenia) dove tra il 18 ed il 19 Maggio vennero gettati i corpi di molti dei poliziotti italiani arrestati a Gorizia. Il 30 Aprile 1945 con la ritirata tedesca da Gorizia gli agenti di Polizia della Questura di Gorizia, molti dei quali collegati al C.L.N. ( Comitato di Liberazione Nazionale) ed alla Resistenza, si unirono ai Carabinieri, alla Guardia Civica di Gorizia, ai civili ed ai partigiani locali per formare delle squadre armate che avrebbero dovuto prendere il controllo della città in attesa dell’arrivo degli Alleati. Le Guardie di Pubblica Sicurezza della Questura di Gorizia protessero la città quando, in mattinata giunse la milizia jugoslava nazionalista dei cetnici, scontrandosi contro di essa. Durante i combattimenti gli agenti vennero contattati da un sottufficiale del Regio Esercito Italiano che combatteva con la Resistenza italiana, il quale consigliò loro di abbandonare la città, per evitare problemi con i partigiani jugoslavi, ormai alla periferia di Gorizia. La maggior parte delle Guardie di Pubblica Sicurezza, ritenendo di non avere colpe e di avere compiuto il proprio dovere, decise di restare al proprio posto. Furono tutti arrestati dai partigiani jugoslavi del IX Corpus nei giorni successivi e deportati. Morirono quasi tutti in prigionia. Fin qui la narrazione della triste vicenda del nostro coraggioso poliziotto casoriano, caduto nell’adempimento del proprio dovere a difesa dell’onore della divisa che indossava. Lo ricordiamo nel “Giorno del Ricordo” a futura memoria della barbarie della guerra e dell’odio razziale che anche in tempi recenti si insinua ancora nelle pieghe della storia, causato dal sonno della ragione, che, per dirla con Goya genera solo mostri!
Fonti: “la Pubblica Sicurezza sul Confine Orientale 1938-1945” di Mario De Marco. www.cadutipolizia.it
Fonti foto: internet.
Comments