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Mons. Mauro Piscopo: il Parroco di tutti!

Di Giuseppe Storti



“ Non omnis moriar”(non morirò interamente). Ci piace iniziare il ricordo di Don Maurino Piscopo, come affettuosamente era chiamato un po’ da tutti, a dieci anni dalla sua ascesa al Cielo, citando questo celebre passo delle Odi di Orazio. Nessun uomo muore mai interamente, lasciando ai vivi una scia di ricordi che restano nel cuore e nella mente. In particolare, e questo è il caso di Mons. Piscopo, per quelle persone dotate di un eccezionale carisma tale da penetrare nell’animo di qualsivoglia uomo o donna che ha avuto la fortuna e la gioia di incrociarlo nel cammino della propria esistenza. A distanza di dieci anni dalla scomparsa di Mons. Piscopo la sua grande popolarità non solo nella città di Casoria, rivela la vastità e la grandezza della sua personalità. Oggi, nel mondo dei social, nostro malgrado, divenuto la metafora del pessimo spirito dei tempi, quando qualcuno evoca il suo nome, o pubblica una sua foto, è come se uno tsunami di emozioni, di ricordi, di parole che sgorgano dal profondo del cuore, inondasse la rete, che per questo diventa più umana, più vera, più sinceramente ispiratrice di quei valori positivi di cui è carente questo passaggio d’epoca che l’umanità sta attraversando. Un uomo, quindi, un Parroco che nel corso della sua straordinaria esistenza, ha saputo essere il Parroco di Tutti, ma soprattutto di quella umanità dolente e senz’alternativa che per decenni ha trovato sicuro rifugio nella canonica della sua amata Basilica dedicata a San Benedetto, dove è stato parroco per ben 44 anni. Chiesa che si fa casa di tutti, diventando una sorta di ombelico di quella area vasta che è l’area a Nord di Napoli, avvinta da problematiche sociali endemiche, mai risolte e che provocano una frattura nelle classi meno abbienti, che vagano alla ricerca di ascolto. E proprio la capacità di ascoltare la gente, e soprattutto di trovare la soluzione adeguata, è stata la cifra più importante della missione di Mons. Piscopo. Dopo la celebrazione della messa principale della domenica alle ore 12.00, sempre piena all’inverosimile perché la gente, i fedeli, volevano ascoltare la sua voce, Don Maurino, riceveva nella sua canonica. Ricordo file interminabili di persone che erano disponibili ad aspettare, pur di salutarlo, o di spiegargli una propria esigenza, o semplicemente per aprire il proprio cuore ad un sacerdote amico: disponibile all’ascolto. E poi, l’amore per le giovani generazioni. La sua Chiesa, era strapiena di quella “meglio gioventù”, della città di Casoria e dei comuni viciniori, pronti ad impegnarsi nelle azioni che lui indicava sempre dirette al bene comune ed all’impegno costante di formare ai valori cristiani i ragazzi. Lui, era Don Maurino: il prete per antonomasia, il cui carisma conquistava in primis il cuore, subito dopo la mente. Per cui, anche gli uomini e le donne non di fede, riconoscevano in lui, il sacerdote che salvava le anime dalla disperazione e dal dolore. Quanti ragazzi e ragazze Don Mauro ha salvato. Non si possono contare. Gli imprenditori facevano a gara nel donargli quelle somme di denaro occorrenti per le sue opere di carità. Il suo nome la sua figura era una garanzia assoluta di dedizione al bene ed alla pace che si conquista in primis con il sostentamento economico e poi quello morale nel ritrovare se stessi aggrappandosi ad una mano tesa e forte che ti evita di precipitare nel baratro. Nella mirabile parabola terrena di Mons. Piscopo ritroviamo in nuce, quelle caratteristiche e quegli idealidi San Ludovico da Casoria: il San Francesco casoriano dell’Ottocento. La carità sine conditio, l’idea che ad un indigente devi offrire prima da mangiare e da dormire, e poi invitarlo al “dolce abbraccio” con Domineddio. E chi se non il “Fraticello d’oro” casoriano, soleva con una foga ed una instancabile azione quotidiana cercare e trovare finanziamenti per le opere di bene, e per alleviare i bisogni e le esigenze dei sofferenti. Ecco, Mons. Piscopo ha saputo e voluto continuare ed emulare le gesta eroiche e le nobili virtù di Padre Ludovico un secolo dopo. Lo ricordiamo correre nella sua 127 rossa, instancabilmente, a schierarsi senza esitazioni con gli operai in lotta per il lavoro, con i diversamente abili, per il riconoscimento dei propri diritti, per gli ammalati per i quali nutriva un amore senza confini, e quante volte abbiamo ascoltato le sue esortazioni che non lasciavano adito a dubbi, con parole che a volte sembravano pietre, al fine di indurre i politici ad agire per il bene del popolo. I politici, i potenti: lo rispettavano e lo temevano, come accadeva con Padre Ludovico, così come accade agli uomini dotati di grande carisma, quel carisma che solo lo Spirito Santo può infondere e trasfondere nell’animo dei “messaggeri di Cristo” secondo i suoi imperscrutabili fini. “Un artigianodella Pace” questo era Padre Piscopo. Di recente il Santo Padre: Papa Francesco ha detto che il mondo ha bisogno di artigiani della pace. Mons. Piscopo lo è stato in tutti i sensi. In primis artigiano della pace sociale, che è l’unica ricetta giusta per promuovere un ideale di società fondata sulla giustizia e sulla equità. Un vero cattolico popolare difensore senza paura della famiglia, degli umili, dei disperati, dei bambini, dei giovani. Un’autorità morale indiscussa ed indiscutibile che ha lasciato un ricordo indelebile in migliaia di persone. In un immaginario Pantheon dei personaggi che hanno dato lustro nei secoli alla storia della città di Casoria, con la propria straordinaria vita, riteniamo che Mons. Piscopo Mauro occupi un posto di assoluto rilievo. A lui, che è stato per mia fortuna, formatore negli anni della giovinezza, voglio dedicare questa frase di una scrittrice statunitense dell’Ottocento Helen Keller: sorda, cieca, riuscì a laurearsi, girare il mondo e diventare famosa: “Tutto ciò che abbiamo amato profondamente non potrà mai andare perduto. Tutto ciò che amiamo profondamente diventa parte di noi.” E’ proprio così chi, ha avuto e sono davvero tantissimi, il privilegio di incontrare e conoscere il mitico Don Maurino, non l’hai mai perduto, perché “lui” è diventato una parte di Noi stessi.

Nella foto un giovanissimo Mons. Piscopo con il suo allievo più famoso: Nino D'Angelo.


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