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Racconto breve " Sognando Segni" di Giuseppe Storti



Il racconto è stato insignito della menzione d'onore al Premio Letterario nazionale Emozioni 2022. 6° Edizione

SOGNANDO SEGNI

Giuseppe Storti

Le prime luci dell’alba che tracimavano dalle fessure semichiuse delle persiane, spezzarono il suo sogno ricorrente. Una luce immensa fatta di colori disposti ad arcobaleno, nella quale immergersi, provando solo gioia: una gioia indicibile, mai provata da sveglio che lo inondava di una felicità surreale, per questo bella. Risvegliarsi fu- come sempre- ripiombare in un mondo di disperazione e di angosce. Sì, pensava: borbottando ad alta voce: “ il suo destino, era chiaro: sognare sempre e solo segni di una vita diversa, forse irraggiungibile, per questo ancora più desiderabile.” Sognare segni, questo era il suo autentico ed unico destino? Forse sì, ma aspettarsi dei segni positivi dalla realtà della vita, era per lui come l’araba fenice, la cerchi, la senti, ma non la trovi mai! Ovvero: vedi la morte delle speranze di una vita normale, speri e sogni la resurrezione, ma la trovi solo nei sogni compulsivi e ricorrenti. A tal punto che vorresti sempre dormire per ritrovare, almeno nei sogni, quei segni! Gino Desideri: questo il suo nome. Cinquant’anni appena compiuti, lavori precari, vita sospesa ad un filo: il filo spezzato di una vita vuota e dolorosa, ma che comunque nella memoria del sottosuolo della sua anima, ambiva e riprendersi in mano. Ma i segni che non arrivavano nella vita reale, li ritrovava e li sognava di notte. Immergersi nella luce: una luce meravigliosa, che lo faceva sentire leggero come le ali di una farfalla, che si libra nell’aria, fendendo lo spazio: libera di volare. Questi erano i segni che aspettava? Non ne era certo. Ma di una cosa era sicuro: ovvero che lì nei sogni sognati, quei segni lo rendevano felice. Inforcò la moto come tutti i giorni. Zaino in spalla, e via per le consegne di cibo, scorazzando per le strade della città eterna: quella Roma immortale di martiri e di santi, che non riusciva a sentire sua, perché forse la percorreva in lungo ed in largo per quel lavoro da perfetto precario che si ritrovava. I Raider non sono turisti, non guardano i monumenti e le bellezze della capitale, guardano il percorso da fare, per rispettare gli orari di consegna del cibo ordinato, evitando le sfuriate dei clienti in attesa. Non avrebbe mai potuto immaginare di finire a fare il Raider, ma nessuno immagina, che per poter mangiare tutti i giorni, devi portare in orario cibi di tutte le etnie, in giro per i sette colli di Roma. Consegna 4 pizze e frittura, zona Roma Nord, sono le 20.50. Caricata la merce nello zaino, si parte! Ma ecco l’imprevisto, appena immesso sulla Nomentana, un botto dietro la targa: sto volando, anche da sveglio, pensò: fu un attimo e vide un buio pesto chiudergli gli occhi.

Poi, più nulla. Ecco la felicità: vedeva di nuovo la luce, una luce meravigliosa, ed il suo corpo leggerissimo volava desideroso di abbracciarla quella luce, fonte di immensa gioia e pace assoluta. Al di là della luce, stavolta intravide volti conosciuti. Erano i suoi genitori che gli sorridevano e lo chiamavano per nome. Fendendo ancor di più lo spazio, cercò di arrivare ancora più rapidamente a loro. Ecco ci siamo…. Ma iniziò ad avvertire dolori lancinanti: fu un lampo e si ritrovò in un letto, con delle persone, mai viste prime, che lo chiamavano per nome. “Gino, Gino, sei tornato? Pensavamo di non riuscire più a riportarti tra Noi. L’hai scampata bella, una donna ti ha investito in pieno, sei stato sbalzato dalla moto, facendo un volo di alcuni metri. Infine sei planato al suolo all’altra parte della carreggiata. Per poco un’altra macchina è riuscita ad evitarti. Ed ora sei qui. Devi pensare solo a rimetterti: Forza Gino.” Ma forza cosa? Pensava. Mi avete privato della gioia della luce, della visione dei miei genitori che mi aspettavano e pretendete pure che io sia contento? No, certo ch non lo sono. Aveva dolori lancinanti in tutto il corpo, maledicendo la donna che lo aveva investito. Un altro colpo del suo destino avverso, insomma: nulla di nuovo sotto il sole della sua esistenza. Gino, Gino: mi sente? Ancora state a chiamarmi, pensò aprendo gli occhi. Ma stavolta gli occhi li sgranò. Era una donna mai vista prima che lo chiamava per nome, con un suono di voce simile ad un canto. Una figura di donna slanciata, ben vestita, capelli lunghi biondi ed occhi verdi, ma la cosa più strana che lo colpì da subito, era una strana luce che proveniva dalla sua figura, come se fosse avvolta da una nube colorata, da cui si irradiavano fasci di luce che rimbalzava sul suo corpo dolorante, portando serenità ed anche un sentimento strano a provarsi, ma bello a sentirsi. Mi chiamo Alessia, l’ho investita ieri sera, mi spiace tantissimo. Sono pronta a risarcirla di ogni sofferenza, le chiedo scusa, davvero: sono mortificata. La rabbia che aveva accumulato contro quella donna, d’incanto si era trasformato in un qualcosa che non riusciva a definire. Ecco, l’aveva vicino, avrebbe potuto manifestarle tutta la sua rabbia. Ma non riusciva a farlo. Glielo impediva quella luce che dal suo corpo precipitava su di lui come un uragano che tutto squassa e solleva. Già, si sentiva sollevato in aria, da quella luce, come nei suoi sogni ricorrenti. Riuscì a sorridere, esclamando: mi hai quasi ucciso, ma ti perdono! Sei venuta fin qui da me a scusarti. Poi, fu come se rientrasse nella normalità. Stare lì per un tempo indefinito, inquantificabile. Finchè non arrivò il Medico per la visita giornaliera. Ci vediamo domani, Gino, vengo di nuovo da te. Quelle parole di Alessia furono come un balsamo miracoloso messo sulle sue ferite. Forse i segni che aveva sempre sognato, erano arrivati davvero nella vita reale? Iniziava a pensarlo con insistenza. I giorni a venire, fino all’uscita dall’ospedale furono pieni di lei. Ciò che non accade per una intera vita, può nascere in un attimo, seguendo quei misteriosi e tortuosi percorsi del cuore umano. Aspettare, una vita, diventa quasi un’occupazione, è vero! Ma non aspettare niente che diventa terribile. Il segno che sognava, era arrivato: il suo nome si chiama amore!


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